EN EL PINCIO
ANDREA GIDE
Lo que me alegra hoy es algo como el amor, y no es amor, o al menos no es de lo que los hombres están hablando y buscando. Tampoco es el sentimiento de belleza.
No proviene de una mujer, ni de mi pensamiento. ¿Me entenderás si digo que esto no es más que la simple exaltación de la luz?
Estaba sentado en este jardín; No vi el sol; pero el aire
brillaba con luz difusa, como si el azul del cielo se volviera líquido y se derritiera en lluvia.
Sí, de hecho, hubo olas, remolinos de luz; sobre el musgo chispas como gotas; sí, de verdad, en esta gran avenida se hubiera dicho que llovía luz, y entre los rayos goteantes de espumas de oro quedaban en los extremos de las ramas.
... Esa terraza del Pincio parece un escenario erigido de la mano de un hombre agradecido, para admirar el espectáculo más grandioso que un Dios de amor puede ofrecer a sus criaturas. Sí, agradecido, oh Dios mío, que para distraernos de la malicia frívola y para inculcarnos un sagrado desprecio por las miserias, entre las cuales nuestra vida transcurre inútilmente, nos diste este océano ilimitado de luz, este aire lleno de olor de flores, esa infinita riqueza de colores y formas en la que nuestra alma tiembla y se adora! ...
Desde: Les nourntures terrestres , París, Mercure de France, 1897
SUL PINCIO
ANDREA GIDE
Ciò che fa la mia gioia oggi è qualcosa come l'amore - e non è l'amore - o almeno non è quello di cui parlano e che cercano gli uomini. E non è neppure il sentimento della bellezza.
Esso non viene da una donna - e neppure dal mio pensiero. Mi comprenderai tu se dico che ciò non è altro che la semplice esaltazione della luce?
Ero seduto in questo giardino; non vedevo il sole; ma l'aria
brillava di luce diffusa, come se l'azzurro del cielo diventasse liquido e si sciogliesse in pioggia.
Sì, veramente, vi erano delle onde, dei mulinelli di luce; sul muschio scintille come gocce; sì, veramente, in questo grande viale si sarebbe detto che piovesse luce, e tra il grondare dei raggi schiume dorate restavano all'estremità de' rami.
...Quella terrazza del Pincio sembra un palco eretto dalla mano dell'uomo riconoscente, per ammirare lo spettacolo più grandioso che un Dio d'amore possa offrire alle sue creature. Sì, riconoscente, o mio Dio, che a distoglierci dalla frivola malignità e a infonderci un sacro disprezzo delle miserie, fra le quali passa insulsamente inutile la nostra vita, ci donasti questo sterminato oceano di luce, quest'aria pregna dell'olezzo dei fiori, quell'infinita ricchezza di colori e di forme in cui la nostra anima si scuote e si adora!...
Da: Les nourntures terrestres, Paris, Mercure de France, 1897
PIAZZA VITTORIO
CARLO EMILIO GADDA
Gente che venneveno la porchetta su le bancarelle de piazza, quela mattina, ce n'era na tribbù. Da San Giuseppe in poi è la staggione sua, se pò dì. Col timo e co li fiocchetti de rosmarino, e l'agli nun ne pariamo, e il contorno o il ripieno de patate co l'erbetta pesta.
Ma il Biondo, a capo ciondoloni, si lasciò condurre tra i berci e le arance rosse dal suo dinoccolato ottimismo, sufolando in sordina, o atteggiandovi appena appena le labbra, tacendo a un tratto, levando un occhio in qua in là, come a caso. Oppure sostava chiotto chiotto, la lobbia giù a metà fronte, le mani in tasca, la gobba infreddolita sotto pastrano chiaro fresconcello, aperto, e dietro i due polsi cadente, da parer coda di marsina.
Era un pastranuccio di mezza stagione fasulla, che tirava al peloso, e al morbido, e riusciva liso in più punti: contribuiva a definir l'immagine d'un bellimbusto assonnato, in cerca d'una cicca da potè fumà. Involtato nel turbine degli inviti e degli incitamenti alla compera e in tutte le conclamazioni di quella festa formaggia, trascorse piano piano davanti le bancarelle abbacchiare, oltrepassò carote e castagne e attigue montagnole di bianco-azzurrini finocchi, baffosetti, nunzi rotondissimi d'Ariete: ivi insomma tutta la repubblica erbaria, dove alla gara dei costi e delle profferte i novelli sedani già tenevano il campo: e l'odore delle bruciate in sul chiudere pareva, da pochi fornelli superstiti, l'odore stesso de l'inverno fuggitivo.
Su molti banchi gialleggiavano, oramai senza tempo e senza più stagione, le arance in piramidi, noci, nelle ceste, susine di Provenza nere, lustrate col catrame, susine di California: alla cui sola veduta gli rampollava acquolina dal retrobocca, al Deviti.
Sopraffatto dalle voci e dai gridi, dalla stridula comminatoria di tutte le venditrici sindacate, pervenne alfine al reame antico ed eterno di Tulio e di Anco, ove adagiate sul tagliere prone o più raramente supine, o addormitesi di lato, a volte, le porchette dalla pelle d'oro esibivano i lor visceri di rosmarino e di timo, o un nòdulo qua e là verde-nero dentro la carne pallida e tenera, una foglia di menta amara pigiatavi a guisa di lardello con un gran di pepe, che la grida elaudava nel bailamme : “ nuova ghiandoletta prestata loro a cucina, e ad altro mercato e ad altre fiere non saputa. ”
Non gli riuscì difficile ivi, dato l'ottimismo in poppa che lo andava sospingendo fra il vorticar delle femmine, oberate di reti colme o di sporta, fronzute di broccoli, non gli fu difficile ravvisare dalla descrizione della Ines, e già da qualche passo lontano il tipetto, il gentil trombetto che faceva proprio al caso suo.
Era un dritto, dietro la bancarella, con du occhi! il contrario, in quel momento, della paura e della timidezza che aveva decantato la Ines, e con la zazzera fitta fitta e straunta tutta da una banda : insieme a la nonna, stava. A la cima, ricaduti un poco su la fronte, i fili dei capelli s'erano arricciolati come insalatina dopo il capriccioso ritocco del pettine, o come il rotolo d'una lama di maretta allorché la ribolle un attimo prima d'impigliarsi a recedere, e abbandona infine la rena.
Una parannanza bianca lo affagottava un tantino e tramente strillava stava a affila li cortelli, uno lungo uno corto, e intanto lo guardava a lui, ar Biondone, ma senza da segno de vedello: quer capoccione bionno scuro, co quaa lobbia de cavadenti specialista che je scegneva fino sur grugno, je s'era piazzato avanti a debbita distanza co le mano in saccoccia: era de sicuro uno che ciaveva la fantasia de magna la porca, ma si nun teneva li sordi, povero micco, poteva puro morì da la voja.
“ La porca, la porca ! Ciavemo la porchetta, signori! la bella porca de l'Ariccia co un bosco de rosmarino in de la panza! Co le palatine de staggione ! ” (la staggione se la sognava lui, erano le patate vecchie fatte a pezzi, tutte puntolini di prezzemolo, inficiate nella grascia della porca). “ Palatine de staggione, sori cavajeri e consijeri, sore spose mie belle! che so' mmejo che l'ova. toste pe l'insalata. Mejo dell'ova deli capponi so', ste patate. V'oo dico io. Assaggiatele! ”
Posava un attimo da riprender fiato.
E poi, a scoppio: “ Uno e novanta l'etto, la porca ! È 'na miseria, signori ! robba da fa vergogna, signori ! a chi venne e a chi crompa! Uno e novanta l'etto, più mejo fatto che detto. Farnese avanti co li baiocchi a la mano, sore spose ! Chi nun magna nun guadagna. Uno e novanta l'etto, la porca! Carne fina e dilicata, pe li signori propio! Assaggiatela e proverete, v' 'o dico io, sore spose: carne fina e saporita! Chi prova ciariprova, er guadambio è tutto vostro. La bella porca de li Castelli! L'emo portata a balia a la macchia: a la macchia de Gallerò, l'emo portata, a mmagnà la ghiandola de l'imperatore Calìgula ! la ghiandola der principe Colonna ! Der gran principe de Marino e d'Albano! ch'ha vinto tutti li peggio turchi pe mare e pe terra a la gran battaja de Levati da li piedi! Che ar domo de Marino ce stanno ancora le bandiere! co la mezzaluna de li turchi, ce stanno ! La bella porca, signori ! porchetta arrosto cor rosmarino! e co le patate de staggione !” : e dandosi requie dopo la strillata, a parte fatta anche l'attor tragico posa, ripigliò serio serio a affila li cortelli.
Ma doppo du bòtte a li cortelli ebbe un ritorno di fiamma: un sussulto lo scosse. Fu il deflagrare d'una ulteriore variazione, o tale parve all'agente. Ad occhi bassi : “ Provatela, signori, assaggiatela ! P'uno e novanta l'etto ve fate na magnata de porca, che vostra moje v'aringrazzia ! ” Poi, a una belloccia, discendendo di tono:
“ Che volete, bella pupa? ”, la pupa a quel tono d'autorità non potè comprimere le risa, “ na mezza libbra de porchetta? ” E sottovoce a lei, ma con un'occhiata a lo squattrinato cavadenti : “ A voi ve do er mejo boccone, v' 'o giuro ! Me piacete troppo ! Sete troppo bona ! Un bocconcino arrostito apposta pe voi, co du pa- tate ! ” Poi di nuovo, eternamente berciando e con occhi al ciclo stavolta e con delle gote da buccinatore senza senso: “ Farnese a erompa la porca, signori ! Farnese a caccia li sordi, ch'è la vorta bona, signori ! ch'è na vergogna lassalla qua sur banco che a momenti aripiove, che cioo so che ce n'avete un sacco in saccoccia, de baiocchi. Famo anna via la migragna, signori! La porca è vostra, si è che cacciate li baiocchi. ”
La nonna, ora, si nonna era, ciurmandola di bilancia alegra e di chiacchiera, dava ogni sodisfazione alla rubiconda servetta.
E lui: “ Uno e novanta l'etto! La porca d'oro, la porca! ” Ma intanto quer cavadenti d'un Biondone t'oo seguitava a guardà, dopo aver buttato indietro er copricapo, scoperta dunque la fronte, che apparve tutta fiammeggiata di una stoppa irta e rubella, tra il biondo, giusto, e il castano.
Gli si erano rizzati ai fianchi du figuri, du tipi de pizzichini un ber po' più scuri de lui, uno de qua uno de là, come i silenti gendarmi che Pulcinella percepisce dopo un po', in uno sgomento improvviso ma ritardato sull'azione. Sicché quello, er maschietto, a poco a poco, “ signori signori, uno e novanta l'etto, la porca la porca, sì, sì, la porca, ho capito ! ” pareva dire a se stesso, ma abbassava la voce sempre de più, “ a por-ca, ” sillabò esangue, “ 'a por... ” e quel po' di fiato gli smoriva nella gola: come la luce sempre più que-rula e falba di un moccolaccio quanno che sbava cera e se strugge tutto, in un lago de puzza, co un codino fritto ner mezzo.
Con addosso queli fanaloni, che tutt'a un tratto s'ereno mortipricati pe tre.
Sicché, capirete: quanno capì si de che gente se trattava, era troppo tardi pe squajassela.
Posò li cortelli sur banco, susurrò a la nonna “ me vonno ” : già se slegava la parannanza. Je tremaveno le gambe.
Je toccò fa bella cera ar Biondone, che senza tasse vede aveva sfoderato na carta, na tessera, e je diceva a mezza voce nell'atto che je lo stava a regge sotto l'occhi, quer ber talismano:
“ Hai da venì un momento in questura : si stai zitto nessuno se n'accorge! Questi so' du aggenti in borghese, ma si preferisci t'accompagno io, senza disturbali! a venì de scorta. Sei Lanciani, Lanciani Ascanio, si nun me sbajo. ” Je toccò, sicché, pe nun fa storie, pianta porchetta e cortelli, e lassaje tutto a la zia... a la nonna: era là, dura, impalata, co un occhio pieno d'inquietudine a la folla, che trascorreva distratta.
Uscirono da la confusione verso via Mamiani o via Ricasoli: c'era un passaggio tra le bancarelle de li pescia-roli e de li pollaroli, indove che vènneno li calamari e li totani e tutte le qualità d'inguille e d'aguglie che stanno a mare, nun pariamo de l'arselle.
Il tipetto, e lui stesso il Biondone, sguardarono a quelle polpe molli d'un argento-chiaro madrcperla de li calamari (così delicatamente brunito nelle venature interne), annasarono senza pur volerlo odor d'alighe marine da tutto il fresco umidore, quel senso di ciclo e di libertà cloro-bromo-jodica, di mattina viva alle darsene, quella promessa d'argento fritto nel piatto per la fame che già chiamava dal profondo. Rotoli di trippe lesse l'un sull'altro come tappeti arrotolati, gentili anatomie di capretti spellati, rosso bianche, il codonzolo appuntito, ma terminato nel ciuffetto, a significarne in modo veridico la nobiltà : “ pe quattro lire v'oo do tutto, ” diceva l'abbacchiare presentandolo a mezz'aria, tutto cioè mezzo: e i bianchi cespi de la lattuga romana, o insalatine ricciolute tutte riccioli verdi, polli vivi coi loro occhi che smicciano da un lato solo e vedono, ognuno, un quarto del mondo, galline vive chiotte chiotte stipate nelle loro gabbie, o nere o belghe o padovane avorio-paglia, peperoni secchi gialloverdi, rossoverdi, che al mirarli solo ti pizzicavano la lingua, ti mettevano in salive la bocca: e poi noci, noci di Sorrento, nocciuole di Vignanello, e castagne a mucchi.
Addio, addio. Le donne, le polpute massaie: lo scialle scuro, o verde erba, una spilla da balia co la punta aperta, ahi! da pinzar la poppa alla vicina d'un attimo: così fan tutte. Polponi semoventi, esse ambulavano a fatica da uno spaccio e da un ombrellaccio al successivo, dai sèlleri ai fichi secchi : si rivolvevano, si strofinavano i rispettivi gre-gori l'uno all'altro, annaspavano ad aprirsi il passo, con borse ricolme, soffocavano, boccheggiavano, grasse car-pie in una piscina-trappola dove l'acqua a poco a poco decèda, stipate, strizzate, intrappolate a vite con tutta la lor ciccia nei vortici della gran fiera magnara.
tratto da Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda - ed. Garzanti 1957
PLAZA VITTORIO
CARLO EMILIO GADDA
La gente que venía la porchetta en los puestos de la plaza, esa mañana, había un tribbù. Desde San Giuseppe en adelante es su temporada, aunque sea un poco. Con los moños de tomillo y romero, y los ajos de los que no hablamos, y la guarnición o el relleno de patatas con el puré de hierbas.
Pero Biondo, con la cabeza colgando, se dejó llevar entre berci y naranjas sanguinas por su encorvado optimismo, asfixiándose tranquilamente, o simplemente posando los labios allí, de repente en silencio, levantando la mirada aquí y allá, como por casualidad. O se paraba cerrado, cerrado, hasta la mitad de la frente, las manos en los bolsillos, la joroba helada bajo un abrigo ligero y fresco, abierta y cayéndole detrás de las dos muñecas, como si fuera frac.
Era un falso pastranuccio de mitad de temporada, que apuntaba a lo peludo y a lo suave, y se usaba en varios lugares: ayudaba a definir la imagen de un tipo somnoliento que busca un cigarrillo para fumar. Envuelto en el torbellino de invitaciones e incitaciones a comprar y en todos los pregones de aquella fiesta del queso, pasó lentamente frente a los puestos de palizas, pasó zanahorias y castañas y montículos adyacentes de hinojo blanquiazul, bigotes, nuncios aries muy redondos. : allí en fin, toda la república herbácea, donde el nuevo apio ya ocupaba el campo en la competencia de costos y ofertas: y el olor a quemado en el cierre parecía, de unos pocos hornillos sobrevivientes, el mismo olor del invierno fugitivo. .
En muchos bancos amarillentos, ahora intemporales y sin estación, las naranjas en pirámides, nueces, en cestas, ciruelas negras de Provenza, glaseadas con alquitrán, ciruelas de California: a la simple vista de las cuales se hace agua por el fondo de la boca, en el Deviti.
Abrumado por las voces y los gritos, por el estridente castigo de todos los vendedores sindicados, finalmente llegó al antiguo y eterno reino de Tulio y Anco, donde las porchettes del costado yacían boca abajo o más raramente supina sobre la tabla de cortar la piel dorada exhibida. sus vísceras de romero y tomillo, o un nódulo verde negruzco aquí y allá dentro de la carne pálida y tierna, una hoja de menta amarga apretada como manteca de cerdo con un grano de pimienta, que el grito exaltado en el tumulto: “nueva glándula les prestó a la cocina, ya otro mercado y otras ferias desconocidas. "
Allí no le fue difícil, dado el optimismo en la popa que lo empujaba entre el torbellino de hembras, sobrecargadas de redes o cestas llenas, de frondosos brócoli, no le fue difícil reconocerlo por la descripción de las Inés, y Ya desde unos pasos lejanos el pequeño, la suave trompeta que le venía bien.
¡Era un hetero, detrás del puesto, con dos ojos! todo lo contrario, en ese momento, del miedo y la timidez que había elogiado Inés, y con su fregona espesa y densa tirada por una banda: junto a su abuela, estaba. En la parte superior, cayendo un poco sobre la frente, los mechones de cabello se habían rizado como una ensalada después del caprichoso retoque del peine, o como el rodar de una hoja de maretta cuando hierve a fuego lento un momento antes de quedar atrapado en la retirada, y finalmente se va. la arena.
Una parannanza blanca lo ahogó un poco y gritó tristemente, estaba afilando las cuchillas, una larga, otra corta, y mientras tanto lo miraba, ar Biondone, pero sin ningún rastro de viuda: quer pelirroja morena, je scegneva up sur snout, je se había colocado al frente a la distancia debida con la mano en el bolsillo: ciertamente era uno que tenía la fantasía de magna la porca, pero la monja los mantenía sordos, pobre micco, podía puro muerto de la voja.
“¡La puta, la puta! ¡Ciavemo porchetta, señores! la preciosa guarra de l'Ariccia con un palo de romero en de la panza! ¡Con el palatino de la temporada! (Soñaba con la temporada, eran las patatas viejas cortadas en trozos, todas motas de perejil, clavadas en la grasa del cerdo). “Palatine de season, sori cavajeri y consijeri, doloroso spose mi hermosa! que yo se 'mmejo que la ov. difícil para la ensalada. Mejo dell'ova deli capons Lo sé, ste papas. Te digo. ¡Pruébalos! "
Posa por un momento para recuperar el aliento.
Y luego, arrebato: “¡Uno y noventa por libra, la puta! ¡Es una miseria, señores! ¡Qué vergüenza, señores! a quien vino y a quien se derrumba! Uno y noventa la libra, más hecho que dicho. Farnese hacia adelante con el baiocchi en la mano, ¡dolorido! Quien gana monja monja magna. ¡Uno y noventa libras, la puta! Carne fina y delicada, para los caballeros! Pruébalo y lo probarás, v '' o digo, doloroso: ¡carne fina y sabrosa! Quien lo intente crípticamente, y las ganancias son todas suyas. ¡La preciosa guarra de li Castelli! El emo trajo a la enfermera en la Macchia: en la Macchia de Gallero, el emo llevó, a mmagnà, la glándula del emperador Calìgula! la glándula del príncipe Colonna! ¡El gran príncipe de Marino y d'Albano! ¡Quién ganó a los peores turcos por mar y por tierra a la gran battaja de Levati da lefoot! ¡Qué domo de Marino todavía hay banderas! con la media luna de los turcos, ¡hay! ¡La puta preciosa, señores! ¡porchetta asada con romero! ¡y con patatas de temporada! " : y descansando tras el grito, aparte de que el actor trágico también posa, retomó la seriedad para agudizarlos.
Pero después de du bòtte a li cortelli tuvo un flashback: una sacudida lo sacudió. Fue la explosión de una nueva variación, o eso le pareció al agente. Con la mirada baja: “¡Pruébenlo, señores, pruébenlo! ¡P'one y noventa los hecto te hacen na magnata de porca, que tu moje v'aringrazzia! "Entonces, de buena gana, descendiendo en tono:
“¿Qué quieres, hermosa nena? ", La pupa en ese tono de autoridad no pudo contener la risa", ¿media libra de cerdo? Y en un susurro para ella, pero con una mirada al escarbador de dientes sin dinero: "A ti te doy er mejo boccone, v" ¡o te lo juro! ¡Me gustas mucho! Sed demasiado bueno! ¡Un bocado asado especialmente para ti, co du patate! Entonces otra vez, eternamente bostezando y con los ojos al cielo esta vez y con las mejillas de un insensato buccinador: “¡Farnesio para hacer erupción la guarra, señores! ¡Farnesio cazando sordos, que es la vorta bona, señores! que hay una vergüenza ahí en el banquillo que a veces llueve, que yo sé que tienes mucho en el bolsillo, de baiocchi. ¡Famo anna via la migragna, caballeros! La guarra es tuya, es que las ahuyentas. "
La abuela, ahora, si era abuela, le estaba dando todas las satisfacciones a la doncella rubicunda.
Y él: “¡Uno y noventa libras! ¡La puta dorada, la puta! “Pero mientras tanto, el arrancador de dientes de un Biondone t'oo seguía mirando, después de echarse hacia atrás el tocado, destapando así la frente, que parecía toda flameada con una estopa erizada y rubéola, entre la bella bella y la morena .
Dos figuras de pie en sus caderas, dos tipos de tenazas un poco más oscuras que él, una aquí, otra allá, como los gendarmes silenciosos que Pulcinella percibe al cabo de un rato, en un repentino desaliento pero demorado en la acción. Así que, eh muchacho, poco a poco, “señores, uno y noventa hectogramos, la guarra la guarra, sí, sí, la guarra, ¡lo entiendo! "Parecía estar diciendo para sí mismo, pero bajó la voz cada vez más," un por-ca ", deletreaba sin sangre," 'un por ... "y ese poco de aliento se desvaneció en su garganta: como la luz cada vez más eso -regla y vieira de un moco cuando unta cera y lo derrite todo, en un lago de hedor, con una coleta frita en el medio.
Con esos fanaloni puestos, que de repente se mortificaron por tres.
Entonces, entenderás: cuando entendiste con qué se estaba enfrentando la gente, ya era demasiado tarde para la squajassela.
Los colocó sobre la encimera, le susurró a su abuela "me vonno": ya si desataba la parannanza. Me temblaban las piernas.
Je tocó es hermosa cera ar Biondone, quien sin impuestos ve que había sacado un papel, una tarjeta, y je dijo en voz baja en el acto que lo estaba sosteniendo bajo sus ojos, quer ber talismán:
“Has venido por un momento a la comisaría: ¡Cállate que nadie se dé cuenta! Estos conocen a los agentes vestidos de civil, pero si lo prefieres, te acompaño, ¡sin molestarlos! vino de escolta. Eres Lanciani, Lanciani Ascanio, sí monja me sbajo. "Je tocó, para que, pe monja haga un escándalo, planta porchetta y cortelli, y lassaje todo a la tía ... a la abuela: allí estaba ella, dura, empalada, con la mirada llena de inquietud ante la multitud, que pasó distraído.
Dejaron la confusión hacia via Mamiani o via Ricasoli: había un pasaje entre los puestos de li pescia-roli y de li pollaroli, donde hay calamares y calamares y todas las cualidades de ingles y agujas que están en el mar, no hablar del arselle.
El pequeño, y el propio Biondone, miraron esas suaves pulpas de nácar plateado claro del calamar (tan delicadamente bruñidas en las venas internas), tantearon sin querer oler a algas marinas de toda la fresca humedad, esa sensación de ciclo y libertad clorobromioyódica, viva en la mañana en los muelles, esa promesa de plata frita en el plato por el hambre que ya llamaba desde las profundidades. Rollos de callos se leen entre sí como alfombras enrolladas, suaves anatomías de niños de piel, rojo y blanco, el codón puntiagudo, pero terminando en el mechón, para significar verdaderamente su nobleza: "por cuatro liras hago todo", decía la paliza, presentándolo en el aire, eso es todo la mitad: y los mechones blancos de lechuga romana, o ensaladas rizadas, todos rizos verdes,
Adiós, adiós. Las mujeres, las amas de casa pulposas: el chal oscuro, o verde hierba, un imperdible con punta abierta, ¡ay! para pellizcar la popa al vecino en un momento: también lo hacen todos. Pulpos autopropulsados, caminaban con dificultad de una tienda y de un paraguas a otro, de sèlleri a higos secos: giraban, frotaban sus respectivos gre-gores uno contra otro, tanteaban para abrirse paso, con bolsas llenas, se ahogaban, jadeaban, gordas caries en un estanque-trampa donde el agua se va pudriendo poco a poco, hacinados, exprimidos, jodidos con toda su carne en los remolinos de la gran feria.
tomado de Quer pasticciaccio ugly de via Merulana por Carlo Emilio Gadda - ed. Garzanti 1957
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