Nostalgias,fragmentos,pedazos del año 1959 al 1960 (Canciones , Poesías y postdata)


Mirar la totalidad de la vida

Así pues, la cuestión es cómo mirar la totalidad de la vida de forma no fragmentada. Si miráramos la totalidad de la vida, no como hindú, musulmán, comunista, socialista, católico, profesor u hombre religioso, si viéramos el extraordinario movimiento de la vida que lo incluye todo, la muerte, el sufrimiento, la desdicha, la confusión, la falta de amor, esa imagen del placer que hemos alimentado durante siglos y dicta nuestros valores, nuestras actividades, si viéramos eso absoluta y completamente, entonces nuestra respuesta a esa totalidad sería del todo diferente. Y es esa respuesta al ver todo el movimiento de la vida, es la que generará una revolución en nosotros.
Obras completas, tomo XVI


Viena Agosto 1959


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Ci aggrappiano al noto 


e abbiamo paura dell’ignoto

Così abbiamo separato la vita dalla morte. Morire è la fine della nostra vita e noi la mettiamo il più lontano possibile – dopo un lungo intervallo di tempo – ma alla fine del lungo viaggio dobbiamo morire. Cos’è che definiamo vita? Guadagnare soldi, andare in ufficio dalle nove alle cinque, lavorare come matti in laboratorio, in ufficio o in fabbrica, con un’infinità di conflitti, paura, ansia, solitudine, disperazione, depressione. Tutto questo è ciò che chiamiamo vita, vivere, ed è a questo che siamo aggrappati. Ma è vivere questo? Questo vivere è dolore, sofferenza, ansia e conflitto, con ogni forma di inganno e corruzione. Dove c’è l’interesse personale ci deve essere corruzione. Ed è questo che chiamiamo vivere. Conosciamo queste cose, sono molto comuni per noi, è questa la nostra esistenza quotidiana. Abbiamo paura di morire, cioè di lasciar andare tutto quello che abbiamo conosciuto, che abbiamo vissuto e accumulato: i nostri bei mobili, le nostre raccolte di quadri e dipinti. Ma la morte viene a dirci che non possiamo più tenerci tutte queste cose. E allora ci aggrappiamo al noto, e abbiamo paura dell’ignoto.
That Benediction is Where You Are, pp 64-65

                                                                                



Joan Manuel Serrat escribió "Palabras de amor" en 1966 pero esta es la versión traducida y cantada en español por Soledad Bravo. Si bien mi primer amor no fue así  cuando la escucho me conduce a un pasado lejano. No sé qué interés puede tener escribir que los viejos deseamos a cada momento,como pagando una penitencia interminable,  arañarnos el corazón.
En esa misma época de esos años del 1959 al 1961 leía en versión italiana la poesía de Esenin que me conmovida antes y ahora:






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ESENIN – LA BALLATA DELLA CAGNA

Al mattino nel granaio
dove biondeggiano le stuoie in fila,
una cagna figliò sette,
sette cuccioli rossicci
Sino a sera li carezzava
pettinandoli con la lingua
e la neve disciolta colava
sotto il suo caldo ventre.
Ma a sera, quando le galline
si rannicchiano sul focolare,
venne il padrone accigliato,
tutti e sette li mise in un sacco.
Essa correva sui mucchi di neve,
durando fatica a seguirlo.
E così a lungo, a lungo tremolava
lo specchio dell’acqua non ghiacciata.
E quando tornò trascinandosi appena,
leccando il sudore dai fianchi,
la luna sulla capanna le parve
uno dei suoi cuccioli.
Guardava l’azzurro del cielo
con striduli guaiti,
ma la luna sottile scivolava
e si celò nei campi dietro il colle.
E sordamente, come quando in dono
le si butta una pietra per giuoco,
la cagna rotolò i suoi occhi
come stelle d’oro nella neve.

Al mattino nel granaio
dove biondeggiano le stuoie in fila,
una cagna figliò sette,
sette cuccioli rossicci
Sino a sera li carezzava
pettinandoli con la lingua
e la neve disciolta colava
sotto il suo caldo ventre.
Ma a sera, quando le galline
si rannicchiano sul focolare,
venne il padrone accigliato,
tutti e sette li mise in un sacco.
Essa correva sui mucchi di neve,
durando fatica a seguirlo.
E così a lungo, a lungo tremolava
lo specchio dell’acqua non ghiacciata.
E quando tornò trascinandosi appena,
leccando il sudore dai fianchi,
la luna sulla capanna le parve
uno dei suoi cuccioli.
Guardava l’azzurro del cielo
con striduli guaiti,
ma la luna sottile scivolava
e si celò nei campi dietro il colle.
E sordamente, come quando in dono
le si butta una pietra per giuoco,
la cagna rotolò i suoi occhi
come stelle d’oro nella neve.





 "La canción de la perra", de Serguei Esenin


Una mañana en la paja,
donde apilan el esparto,
parió la perra a siete,
a siete cachorros rojizos.

Hasta la tarde los acarició,
peinándolos con la lengua;
se derretía la nieve
bajo su barriga caliente.

A la noche, cuando las gallinas
se acomodan en la percha,
llegó el dueño hosco
y metió a los siete en un saco.

Corría la perra por la nieve
para no quedarse atrás...
Mucho tardó en calmarse
el agua del río sin helar.

Y cuando se arrastraba de vuelta,
lamiendo el sudor del vientre,
creyó que la luna sobre el tejado
era uno de sus cachorros.

Al alto azul
miró sin cesar de aullar.
La luna resbaló fina
y se ocultó tras los cerros.

Y en silencio, como en un escarnio,
cuando le tiran una piedra con mofa,
rodaron los ojos de la perra
como estrellas doradas a la nieve.

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Stazioni Termini años 60
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Solo ciò che è trascorso o mutato o scomparso ci rivela il suo volto reale
(Pavese) 

"E dove c’è il possesso deve esserci la paura di perdere … perciò gelosia, odio, divor­zio e tutto il resto.L’amore è attaccamento? Può esservi amore quando c’è attaccamen­to, con tutti i sottintesi di questa parola che include paura, gelosia, colpa, irritazione pronta a trasformarsi in odio … tutto ciò che viene sottinteso quando si usa la parola “attaccamento”? Dove vi è attac­camento può esservi amore? Queste sono domande concrete, non teoriche. Si ha a che fare con la vita quotidiana, non con una vita eccezionale. Si può andare a fondo e lontano solo se si comincia da molto vicino, cioè da se stesso. Se non si comprende se stessi, non si può andare lontani. Si scava nei problemi che sono tremendamente importanti nella propria vita quotidiana.Benché un individuo debba approfondire la domanda logicamente, razionalmente, lucidamente, deve andare più oltre; perché la logica non è amore, la ragione non è amore. Il desiderio di essere amati e di amare non è amore. Dalla negazione di ciò che non è amore, in ogni momento della vita, accantonando ciò che non è amore, viene ciò che è chiamato amore.Il pensiero è frammentario, limitato; il pensiero non può risolvere il problema di ciò che è l’amore, e il pensiero non può coltivare l’amore.
(Krishnamurti – La pienezza della vita)"


Via margutta 1964
Via Margutta 1964



Libera il duro avorio della testa,
pietà di me, spezza il mio dolore!
Perché sono natura, sono amore!


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                          * 

Deja el duro marfil de mi cabeza,
apiádate de mí, ¡rompe mi duelo!,
¡que soy amor, que soy naturaleza!

Federico García Lorca 

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T’amo – Paul Éluard


T’amo per tutte le donne che non ho conosciuto
T’amo per tutte le stagioni che non ho vissuto
Per l’odore d’altomare e l’odore del pane fresco
Per la neve che si scioglie per i primi fiori
Per gli animali puri che l’uomo non spaventa
T’amo per amare
T’amo per tutte le donne che non amo
Sei tu stessa a riflettermi io mi vedo cosí poco
Senza di te non vedo che un deserto
Tra il passato e il presente
Ci sono state tutte queste morti superate senza far rumore
Non ho potuto rompere il muro del mio specchio
Ho dovuto imparare parola per parola la vita
Come si dimentica
T’amo per la tua saggezza che non è la mia
Per la salute
T’amo contro tutto quello che ci illude
Per questo cuore immortale che io non posseggo
Tu credi di essere il dubbio e non sei che ragione
Tu sei il sole forte che mi inebria
Quando sono sicuro di me.


                                             
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Canzone, datata 1955 ed ispirata al suicidio del principe Raimondo Lanza di Trabia




Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria

(Dante Alighieri)



LETRA 'NEL BLU DIPINTO DI BLU (VOLARE) (EN ESPAÑOL)'
                                                             
Creo que ese sueño nunca devuelve:
Pinté las manos y la cara de azul,
Entonces de repente estaba cautivado por el viento
y comencé a volar en el cielo infinito...

Volaree... oh oh!...
cantareee... oh, oh, oh, oh!
nel blu, dipinto di blu,
feliz de estar allí.

Y feliz de que poder volar volar más alto que el sol y aún más,
Mientras el mundo desapareció lentamente lejos de allí,
una dulce música sólo para mí...

Volar... oh oh!...
cantar... oh, oh, oh, oh!
nel blu, dipinto di blu,
feliz de estar allí.

Pero todos los sueños en svaniscon de alba porque,
Cuando se establece, la luna trae consigo,
Pero todavía sueño con tus bellos ojos,
son azules como el cielo de estrellas acolchar.
                      

Volar... oh oh!...
cantar... oh, oh, oh, oh!
en tus ojos azules azules,
feliz de estar aquí.

Y sigo a volar más alto que el sol felices y aún más,
Mientras el mundo desaparece lentamente en sus ojos azules,
tu voz es dulce música que a mí me suena...

Volar... oh oh!...
cantar... oh, oh, oh, oh!
en tus ojos azules azules,
feliz de estar aquí.

En tus ojos azules azules,
feliz de estar aquí,

contigo!


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Marina

Me he enamorado de Marina
una chica mora pero guapa
pero ella no quiere saber de mi amor
¿qué puedo hacer para conquistar su amor?

Un día la encontré sola, sola,
el corazón me batía a mil por hora,
cundo le dije que quería amarla
me dio un beso y surgió el amor...

Marina, Marina, Marina
quiero casarme pronto contigo,
Marina, Marina, Marina
quiero casarme pronto contigo
O mi bella mora
no, no me dejes
no me debes arruinar
oh, no, no, no, no, no...<
br /> 
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Dalida - La chanson d'Orphée (1959)




"Il porto sepolto è ciò che di segreto rimane in noi, indecifrabile."

Giuseppe Ungaretti




Si no me muero 

Amore, amore, amore
amore mio,
Tus besos calmarán
mis dolores(ya no llores).
Yo quiero estar contigo
si no me muero.
Estar cerca de ti
si no me muero.
Estar cerca de ti
si no me muero.

No llores ya no llores
amore mio(ya no llores más)
No llores porque aumentas
mis dolores (ya no Ilores).
Tu corazón es todo
lo que te pido.
Tenerte junto a mi
morir contigo.
Tenerte junto a mi
morir contigo.


Paul Auster - Informe de un siniestro (Libro completo PDF y varios)

Paul Auster © Francesco Acerbis

1

Cuando A. era joven y vivía en San Francisco —justo cuando empezaba a abrirse camino en la vida—, pasó un período de desesperación en el que casi pierde la razón. En el lapso de pocas semanas, la echaron del trabajo, una de sus mejores amigas fue asesinada por unos ladrones que irrumpieron por la noche en su apartamento, y el adorado gato de A. se puso gravemente enfermo. No conozco la naturaleza exacta de la enfermedad, pero al parecer era mortal, y cuando A. llevó al gato al veterinario, éste le dijo que el animal moriría en un mes si no lo operaban. Ella le preguntó cuánto costaría la operación. El veterinario hizo las sumas correspondientes, y la cantidad ascendió a trescientos veintisiete dólares. A. no tenía tanto dinero. Su cuenta bancaria estaba casi a cero, y en los días posteriores iba de un lado a otro en un estado de extrema ansiedad, pensando en su amiga fallecida y en la imposible suma que precisaba para evitar que su gato muriera: Trescientos veintisiete dólares.

Un día iba conduciendo por el barrio de La Misión y se detuvo en un semáforo en rojo. Su cuerpo estaba allí, pero tenía la mente en otra parte, y en el lugar que hay entremedio, ese pequeño espacio que nadie ha explorado a fondo, pero en el que todos vivimos a veces, oyó la voz de su amiga asesinada. No te preocupes, dijo la voz. No te preocupes. Las cosas pronto mejorarán. El semáforo se puso verde, pero A., aún bajo el hechizo de aquella alucinación auditiva, no se movió. Un instante después, un coche la embistió por detrás, rompiéndole una de las luces traseras y abollándole el parachoques. El hombre que conducía el coche apagó el motor, salió del coche y se acercó a A. Se disculpó por haber hecho algo tan estúpido. No, dijo A., ha sido culpa mía. El semáforo se ha puesto verde y no he arrancado. Pero el hombre insistió en que toda la culpa había sido suya. Cuando se enteró de que A. no tenía seguro contra accidentes (era demasiado pobre para poder permitirse ese lujo), se ofreció a pagarle los daños por lo que le había hecho al coche. Que le calculen cuánto costará, le dijo, y me envía la factura. Mi compañía de seguros correrá con los gastos. A. insistió en que él no era responsable del accidente, pero como éste no aceptaba un no por respuesta, A. finalmente cedió. Llevó el coche al taller de reparaciones y le pidió al mecánico que le hiciera un presupuesto del coste de la reparación del parachoques y la luz trasera. Cuando A. regresó, varias horas después, le entregó el cálculo que había hecho. Centavo más o menos, la cantidad ascendía exactamente a trescientos veintisiete dólares.
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2

W, mi amigo de San Francisco que me contó esta historia, lleva veinte años dirigiendo películas. Su último proyecto se basa en una novela que narra las aventuras de una madre y su hija adolescente. Es una obra de ficción, pero casi todo lo que se cuenta en el libro está sacado de la vida de la autora. Ésta, ahora ya adulta, fue en el pasado la adolescente del libro, y la madre del relato —que sigue con vida— era su verdadera madre.

La película de W se rodó en Los Ángeles. Se contrató a una actriz famosa para interpretar el papel de la madre, y según lo que W me contó cuando, hace poco, estuvo de visita en Nueva York, la filmación iba sobre ruedas, y la producción se acabaría en la fecha prevista. Sin embargo, cuando comenzaron a montar la película decidió que quería añadir unas cuantas escenas que, en su opinión, mejorarían mucho la historia. Una de ellas incluía un plano de la madre aparcando el coche en la calle de un barrio residencial. El encargado de las localizaciones anduvo buscando una calle adecuada, y al final escogió una, arbitrariamente, al parecer, pues todas las calles de Los Ángeles son más o menos iguales. La mañana del rodaje, W, la actriz, y el equipo de filmación se reunieron en la susodicha calle para rodar la escena. El coche que la actriz tenía que conducir estaba aparcado delante de una casa —no era una casa especial, sólo una de las casas que había en la calle—, y mientras mi amigo y su protagonista estaban en la acera discutiendo la escena y las distintas maneras de abordada, la puerta de aquella casa se abrió de golpe y una mujer salió corriendo. Parecía reír y chillar al mismo tiempo. Distraídos por el alboroto, W y la actriz dejaron de hablar. La mujer que reía y chillaba corría a través del césped de la casa, y se dirigía directamente hacia ellos. No sé qué extensión tenía ese césped. W se olvidó de mencionar este detalle cuando me contó la historia, pero en mi imaginación lo veo bastante amplio, por lo que la mujer tuvo que recorrer una considerable distancia antes de llegar a la acera y anunciar quién era. Un momento así merece prolongarse, me parece —aunque sea sólo unos segundos—, pues lo que estaba a punto de ocurrir era tan inverosímil, tan descabellado, tan increíble, que uno desea saboreado unos instantes antes de soltarlo. La mujer que corría a través del césped era la madre de la novelista. Era un personaje de ficción en el libro de su hija, y también su verdadera madre, y ahora, por puro accidente, estaba a punto de conocer a la mujer que interpretaba ese personaje de ficción en una película basada en el libro en el que su personaje había sido de hecho ella misma. Era alguien real, pero también imaginario. Y la actriz que la interpretaba era también real e imaginaria. Aquella mañana las dos estaban allí, en la acera, pero eran sólo una. O quizá la misma dos veces. Según lo que me contó mi amigo, cuando las mujeres por fin comprendieron lo ocurrido, se abrazaron.
3
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En septiembre del año pasado tuve que ir a pasar unos días a París, y mi editor me reservó una habitación en un pequeño hotel de la orilla izquierda. Es el hotel en el que aloja siempre a sus autores, y ya había estado en él varias veces. Aparte de su excelente ubicación —en mitad de un calle estrecha que va a parar al Boulevard Saint-Germain—, no hay nada en ese hotel que sea ni remotamente interesante. Los precios son modestos, sus habitaciones exiguas, y no se menciona en ninguna guía. Los dueños son bastante agradables, pero no es más que un gris e insignificante establecimiento de tres al cuatro, y a excepción de un par de escritores americanos que tienen el mismo editor que yo, no he conocido a nadie que se haya alojado en él. Menciono este detalle porque el anonimato de este establecimiento desempeña un papel importante en la historia. A menos que uno se pare a pensar cuántos hoteles hay en París (que atrae más visitantes que ninguna otra ciudad del mundo), y luego considere cuántas habitaciones suman esos hoteles (miles, o decenas de miles), no comprenderá el alcance de lo que me ocurrió el año pasado.

Llegué tarde al hotel —más de una hora después de la hora prevista— y fui a registrarme. Inmediatamente después subí a mi habitación. Justo cuando introducía la llave en la cerradura, el teléfono comenzó a sonar. Entré, dejé caer mi equipaje al suelo y cogí el teléfono, que estaba empotrado en un hueco en la pared, justo al lado de la cama, más o menos al nivel del almohadón. Como el teléfono estaba orientado hacia la cama, el cable era corto y la única silla de la habitación quedaba fuera de mi alcance, tuve que sentarme en la cama para poder hablar. Así lo hice, y mientras charlaba con la persona que estaba al otro lado de la línea atisbé un trozo de papel bajo el escritorio, en el otro extremo del cuarto. De no haberme sentado allí, no lo habría visto. Las dimensiones de la habitación eran tan pequeñas que el espacio que quedaba entre el escritorio y el pie de la cama era poco más o menos de un metro. Mi ventajosa posición en la cabecera de la cama era el único lugar que ofrecía una perspectiva lo bastante a ras de suelo como para poder ver lo que había bajo el escritorio. Cuando acabé de hablar por teléfono, me levanté de la cama, me acuclillé bajo el escritorio y cogí el papel. Fue la curiosidad, desde luego, siempre la curiosidad, aunque no esperaba encontrarme nada fuera de lo normal. El papel resultó ser uno de esos impresos para recados que te deslizan bajo la puerta en los hoteles europeos. Para..., de parte de..., la fecha y la hora, y un espacio en blanco para el recado. El impreso estaba doblado en tríptico, y en letras mayúsculas, en la parte exterior, se leía el nombre de uno de mis mejores amigos. No nos vemos mucho (O. vive en Canadá), pero juntos hemos tenido algunas experiencias memorables, y siempre hemos sentido el mayor afecto el uno por el otro. Ver su nombre en el impreso para recados me hizo muy feliz. Hacía tiempo que no hablábamos, y yo no tenía ni idea de que pudiera estar en París al mismo tiempo que yo. En aquellos primeros momentos de hallazgo e incomprensión, supuse que O., de algún modo, se había enterado de que yo iba a París y había llamado al hotel para dejar un recado. Lo habían llevado a mi habitación, pero la persona que lo había traído lo había dejado de manera descuidada al borde del escritorio, y de ahí había caído al suelo. O quizá a esa persona (¿La doncella?) se le había caído accidentalmente mientras preparaba la habitación para mi llegada. Pero ni una u otra explicación parecía verosímil. A no ser que alguien le hubiera dado una patada al papel después de que éste cayera al suelo, era imposible que hubiera quedado tan lejos del borde del escritorio. Estaba comenzando a reconsiderar mi hipótesis cuando se me ocurrió algo más importante.

El nombre de O. estaba en la parte exterior del impreso.

Si el recado hubiera sido para mí, habría sido mi nombre el que figurara allí. El nombre escrito en la parte exterior es el del destinatario, no el del remitente, y si mi nombre no estaba allí, lo más seguro es que no apareciera en ninguna otra parte. Desdoblé el papel y leí el recado. El remitente era alguien de quien no había oído hablar jamás, pero el destinatario, sin duda, era O. Bajé corriendo las escaleras y le pregunté al conserje si O. seguía alojado en el hotel. La cuestión era estúpida, desde luego, pero de todos modos pregunté. ¿Cómo podía O. seguir en el hotel si ya no estaba en su habitación? La habitación de O. ahora era la mía. Le pregunté al conserje cuándo se había marchado. Hace una hora, me dijo. Una hora antes yo estaba sentado en un taxi en las afueras de París, en pleno atasco de tráfico. Si hubiese llegado al hotel a la hora prevista, me lo habría encontrado en el momento en que salía por la puerta.


En Experimentos con la verdad
Traducción de Damián Alou
Imagen: © Francesco Acerbis


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[PDF]Experimentos con la verdad - EspaPdf


assets.espapdf.com/.../Paul%20Auster/Experimentos%20con%20la%20verdad%20(11...

3 ene. 2017 - Título original: Experimentos con la verdad. Paul Auster, 2001. Diseño de la colección: Julio Vivas. Traducción: Justo Navarro, Damián Alou y M. Eugenia Ciocchini. Cubierta: «Ventana con tela», Willi Kissmer, 1984. Editor digital: German25. ePub base r1.2 ...




Experimentos con la verdad

PAUL AUSTER

Traducción de Justo Navarro, Damián Alou y María Eugenia Ciocchini. Anagrama. Barcelona, 2001. 219 páginas, 2.200 pesetas
DIEGO DONCEL | 18/04/2001 |  Edición impresa


A lo largo de estas últimas décadas, han ido apareciendo en diferentes ediciones, en revistas y publicaciones diversas los ensayos de Paul Auster. Ya en 1992 la editorial Edhasa ofreció al lector español el volumen El artista del hambre, donde se recogían los comentarios que el escritor norteamericano dedicaba a poetas y novelistas de ambas orillas y con él pretendía ordenar todas sus ideas sobre literatura y sobre el acto de escribir. Ahora Anagrama vuelve a editar parte de aquellos ensayos y las entrevistas que lo completaban en Experimentos con la verdad, antecediéndolos de una reedición de El cuaderno rojo y con la publicación de diferentes textos inéditos en nuestro idioma.

De todo ello resulta, naturalmente, un volumen donde su carácter misceláneo no impide reconocer otra aproximación más a la poética austeriana, tanto en lo que se refiere a su formación, como a su evolución y a sus realizaciones concretas. Si El artista del hambre incidía sobre todo en sus lecturas sobre la poesía contemporánea, Experimentos con la verdad ahonda en las prácticas narrativas, en la visión de lo novelístico escondida en la vida y en la literatura. Es, en definitiva, un libro donde se acoplan casualidades textuales buscadas para construir esos momentos reveladores de su concepción literaria y de sus formas de enfrentarse a la creación. Paul Auster nos sumerge, a través de su obra, en un mundo donde el azar es el verdadero hilo conductor de la vida. Su idea del azar es existencial pero también filosófica y metafísica y, en cualquier caso, aquella que traza el verdadero destino de los hombres. El autor da una vuelta de tuerca a su teoría sobre el azar y la propone no como elemento de ficción sino como constitutiva de determinados momentos de su propia biografía. Es lo que ocurre en “El cuaderno rojo”, en “Informe siniestro” o en “It don’t mean a thing” aunque suponemos que se trata de momentos biográficos mixtificados. En este sentido es interesante recordar algunas de sus afirmaciones: de El Palacio de la Luna sostiene que es “la novela más similar a una autobiografía que he escrito”; en otras ese define como realista atento a lo misterioso y fantasmagórico. Experimentos con la verdad supone,en fin, otra oportunidad para visitar el mundo insólito de Auster. 

http://www.elcultural.com/revista/letras/Experimentos-con-la-verdad/346

Aldous Huxley - La Filosofía Perenne



Aldous Huxley - La Filosofía Perenne



Philosophia Perennis: la frase fue acuñada por Leibniz; pero la cosa -la metafísica que reconoce una divina Realidad en el mundo de las cosas, vidas y mentes; la psicología que encuentra en el alma algo similar a la divina Realidad, o aun idéntico con ella; la ética que pone la última finalidad del hombre en el conocimiento de la Base inmanente y trascendente de todo el ser-, la cosa es inmemorial y universal. Pueden hallarse rudimentos de la Filosofía Perenne en las tradiciones de los pueblos primitivos en todas las regiones del mundo, y en sus formas plenamente desarrolladas tiene su lugar en cada una de las religiones superiores. Una versión de este Máximo Factor Común en todas las precedentes y subsiguientes teologías fue por primera vez escrita hace más de veinticinco siglos, y desde entonces el inagotable tema ha sido tratado una y otra vez desde el punto de vista de cada una de las tradiciones religiosas y en todos los principales idiomas de Asia y Europa. En las páginas que siguen he reunido cierto número de estos escritos, escogidos principalmente por su importancia -porque ilustraban eficazmente algún punto determinado en el sistema general de la Filosofía Perenne-pero también por su intrínseca belleza y memorabilidad. Estas selecciones están dispuestas bajo diversos títulos e incrustadas, por decirlo así, en un comentario mío destinado a ilustrar y relacionar, a desarrollar y elucidar.

Mitología Aymara y Khechua - María Frontaura Argandoña



Mitología Aymara y Khechua - María Frontaura Argandoña


El hombre de los Andes, vencedor del Altiplano inclemente, encontró para su innata aspiración espiritual, honda raigambre en la estupenda naturaleza que le rodeaba. Frente a dos infinitos, la Altipampa en que vivía y el cielo que contemplaba, encontró en esos dos objetivos atributos de la naturaleza, la fuente prima y segura para dar paso a sus aspiraciones místicas.

Dominados del esfuerzo imaginativo que condujo a otros pueblos a la elaboración diríase intelectual de teogonías, encontraba la explicación de la fenomenalidad ambiente, en esas dos potencias generadoras de todo cuanto bueno estaba a su alcance. La tierra y el cielo, y en este el sol fueron sus elementos máximos, y en los cuerpos y seres que poblaban el universo, vio la teleología inmediata de todos los fenómenos, y en todos ellos encontró motivo de misticismo y adoración.

Desde los apus primitivos que vivían en el seno de las cavernas andinas; que veían brotar milagrosamente de la admirable tierra, las plantas que asistían a sus menesteres, y que con el milagro del sol, que ya intuían vivificador, tenían la explicación del secreto del origen de la laboriosa alquimia que se producía en la tierra, hasta el culto Tiwanakhota y el Sabio del Incario vieron en la tierra y en el Sol las más supremas fuerzas invariables, siempre bondadosas, y ante todo, inermes para analizar, justipreciar, premiar o castigar los actos humanos.

Es ese el carácter genuino, eminentemente vernáculo de la mitología aymara-khechua .

Stendhal - Narraciones y esbozos



Stendhal - Narraciones y esbozos


Se recoge en este volumen la práctica totalidad, exceptuando las llamadas Crónicas italianas, de los relatos de Stendhal. El lector podrá encontrar aquí cuentos bastante conocidos como «Mina de Vanghel», «El bebedizo» o «El cofre y el fantasma», pero sobre todo un buen número de piezas inéditas o que llevaban muchísimo tiempo sin ser traducidas en español. «Rosa y verde», largo esbozo de una novela sobre una rica heredera que no quiere ser amada por sus millones, o «Féder o el marido adinerado», historia de los amores de un joven pintor de miniaturas con la mujer de un pretencioso terrateniente de provincias, son textos brillantes y destacadísimos en la obra de su autor. María Teresa Gallego Urrutia ha reunido y traducido diecinueve esbozos y narraciones en los que Stendhal desmenuza la pasión romántica y la exaltación típica de sus héroes y heroínas, cuya alma es «demasiado ardiente para conformarse con la realidad de la vida». El ojo analítico, la trama desmesurada, la seducción de la impostura así como de la autenticidad, y la crítica de una sociedad que ha enterrado en la ironía el sentimiento más vital dirigen el rumbo de estos magníficos relatos mientras, al fondo, suena música de Mozart.

Guy de Maupassant - La noche (Ilustrado-bilingüe)



Guy de Maupassant - La noche (Ilustrado-bilingüe)


La noche es una narración reflejo de esa obsesión por la muerte que Maupassant llevaba encima. La historia de un hombre que amaba la noche por encima de todo, la amaba como se ama a una amante furtiva. Sólo al refugio de la oscuridad se encontraba a sí mismo y despertaba del letargo diurno, En su desvarío, sin darse cuenta va siendo víctima de sus lúgubres deseos hasta darse de cuán lejos había avanzado en un callejón sin salida, en un camino sin retorno. Un auténtico misántropo que demasiado tarde busca el calor humano, inmerso en una espiral de soledad, en un paisaje ya post humano, sin luz, sin una concepción clara del tiempo, sin nadie, sin nada.